Quali sono gli investimenti da evitare

Generalmente gli investimenti (se diversificati) non sono giusti o sbagliati in senso assoluto ma possono essere un buon investimento o un pessimo investimento in base sia al profilo di rischio dell’investitore, sia al momento (timing di ingresso e uscita) in cui si effettua l’investimento stesso. Quindi quali sono gli investimenti da non fare in modo assoluto?
Molti investitori purtroppo non prendono in considerazione la seguente affermazione che potremmo definire come la prima legge della finanza e cioè “MAI investire in strumenti NON quotati“.
Per alcuni questa affermazione probabilmente non ha un particolare significato ma a livello finanziario questi titoli racchiudono molti rischi tra cui il rischio più grande che possa assumersi un investitore perchè riguarda la liquidabilità (cioè la possibilità di vendere il titolo e ottenere il denaro corrispondente).
La peculiarità di un investimento finanziario serio è quella di poter essere liquidato (cioè venduto) in ogni momento in modo da poter disporre immediatamente del contante frutto del disinvestimento (oltre che per limitare le perdite, capitalizzare i profitti o variare investimento) .

Questo concetto ai più sembra di poca utilità ma vediamo di fare degli esempi che chiariranno le idee.
Prendiamo in esame le banche fallite negli ultimi anni, molti degli investimenti fatti dalle persone che si ritengono “truffate” sono tutti investimenti in titoli finanziari NON QUOTATI cioè titoli venduti ai risparmiatori ma poi non scambiati sui mercati finanziari, molte banche spacciano questo come sicurezza contro la speculazione, invece è totalmente il contrario.

I titoli non quotati più utilizzati
Generalmente i titoli non quotati sono quelli venduti da banche (in genere si parla di istituti medio piccoli) ai propri clienti, siano essi azioni (dove acquistandoli si diventa soci della banca stessa per la quota parte di azioni acquistate) oppure molto più spesso obbligazioni (cioè prestiti che il cliente fa alla banca in cambio di interessi e del rimborso del capitale al termine del prestito, per i poco avvezzi alla finanza possiamo definire le obbligazioni un mutuo al contrario dove il cliente presta il denaro all’istituto bancario, il quale lo impiegherà in altre attività come finanziamenti ad altri clienti).

Cosa sono i titoli quotati
Tutti gli istituti bancari più grandi (ed anche tutte le grandi aziende) quotano i loro titoli sui mercati finanziari dopo che sono stati emessi.
Questo significa che le azioni e le obbligazioni delle banche più grandi e delle grandi aziende, dopo essere vendute all’asta agli investitori, vengono inserite nei listini borsistici dove chiunque le può compravendere durante tutto il corso della giornata in base ai prezzi di mercato (cioè in base a domanda / offerta reale del momento).

Questo è fondamentale per l’investitore per 2 motivi:
1) consente di vendere a prezzo di mercato il titolo in ogni momento ad un acquirente se si ha necessita di chiudere l’investimento per qualsiasi motivo (necessità di denaro, chiusura della posizione in guadagno, limitare la perdita, ecc ecc)
2) in ogni istante si conosce il valore che il mercato attribuisce all’investimento in quel preciso momento, quindi si riesce a comprendere se è presente una situazione di crisi per quell’azienda o nel mercato in generale e viceversa.

Titoli non quotati
Per i titoli non quotati quanto detto in precedenza non è possibile. Quando una banca vende un’azione o un’obbligazione ad un investitore, il titolo successivamente non viene quotato sul mercato ma rimane un contratto stipulato tra cliente/investitore e l’istituto bancario con una data di scadenza precisa (per le azioni l’investimento è a tempo indeterminato in cambio di dividendi) e fino tale data l’investitore non può chiudere l’investimento stesso (è possibile chiedere alla banca la chiusura anticipata del contratto ma in molti casi è difficile che la richiesta venga accolta perchè l’istituto deve trovare un altro cliente a cui vendere il titolo, oppure lo deve riacquistare direttamente dall’investitore con denaro liquido, cosa che generalmente non viene effettuata perchè quel denaro è impiegato in altre attività).
Inoltre il valore dei titoli non quotati (non essendo sul mercato) viene calcolato in modo arbitrario dall’emittente (cioè dalla banca stessa) in base ad algoritmi interni abbastanza aleatori, il che lo rende un valore fittizio.
Il problema di fondo è che un titolo non quotato, sul mercato avrebbe un valore completamente diverso da quello segnalato dalla banca e nel caso fosse necessario liquidare realmente l’investimento (ammesso di riuscire a venderlo per quanto detto in precedenza), il denaro che riusciremmo ad ottenere potrebbe essere inferiore anche di decine di punti percentuali rispetto al valore segnalato dalla banca, o addirittura azzerato nei casi estremi di fallimento (titoli che la banca stessa segnalava con valori elevati anche pochi giorni prima).

Per capire possiamo fare un esempio pratico, durante la crisi del 2008 i titoli di società quotate vedevano le loro quotazioni scendere vertiginosamente, viceversa i possessori di titoli non quotati vedevano il valore del loro investimento ancora allineato al prezzo di acquisto iniziale.
Erroneamente potrebbe sembrare che il secondo investimento è nettamente migliore rispetto al primo ma in realtà è l’opposto perchè il prezzo dei titoli non quotati è un prezzo fittizio espresso arbitrariamente dalla banca (in realtà quel titolo non essendo sul mercato non lo possiamo vendere a quel valore) mentre nel caso degli strumenti quotati abbiamo un valore reale a cui possiamo vendere immediatamente il nostro investimento.
Ammettiamo che in caso di crisi il nostro titolo quotato perda il 20% perchè rispecchia il rischio del nostro emittente, se siamo convinti che la situazione peggiori possiamo immediatamente vendere il titolo sul mercato perdendo il 20% del valore ma tutelando il restante 80% che possiamo utilizzare in un investimento differente.
Nel caso di un titolo non quotato la crisi non sarebbe visibile, l’emittente che ha emesso i titoli potrebbe essere in fallimento ma segnalare un prezzo costante (essendo l’emittente stesso a definire il prezzo).
In questo caso l’investitore potrebbe crede di aver fatto un investimento migliore rispetto ai titoli quotati ma in realtà quando il fallimento si materializza questi titoli potrebbero passare dal 100% del valore a 0 immediatamente (senza possibilità di uscire dall’investimento perdendo tutto il capitale, cosa che invece è possibile fare con investimenti quotati limitando le perdite).
Emblematico è appunto il caso di banche fallite il cui management ha sempre rassicurato gli investitori proprio utilizzando questo paragone ed evidenziando il prezzo dei titoli quotati di altre banche in discesa rispetto ai loro titoli con prezzi ancora immutati, purtroppo come abbiamo visto il loro valore immutato era completamente disallineato rispetto alla realtà del mercato.

Ricapitolando un titolo non quotato non andrebbe mai acquistato, quindi prima di effettuare un investimento in asta verificare sempre se questo titolo successivamente verrà quotato o meno, se la quotazione non è prevista evitare l’acquisto.
Se tutti gli investitori perseguissero questo obiettivo, le banche sarebbero costrette ad emettere solo titoli quotati migliorando la trasparenza di tutto il sistema.

Precisazione importante
Fondamentale la segnalazione seguente: i fondi pensione, di investimento, assicurativi, le gestioni separate e i conti deposito non c’entrano nulla con quanto detto fin’ora.
I fondi (tranne gli etf ed altri rari casi) sono sì strumenti non quotati ma rappresentano dei “contenitori” gestiti da professionisti che inglobano al loro interno strumenti quotati mentre i conti deposito sono conti correnti a tutti gli effetti protetti fino a 100 mila euro dal fondo di tutela dei deposti.
Quindi per completezza evidenziamo che questi strumenti esulano dal contesto precedente (la trasparenza, i costi e la possibilità di disinvestimento di alcuni fondi è anch’esso un tema complesso ma differente da questo contesto).
Quando si parla di titoli non quotati ci si riferisce generalmente ad azioni ed obbligazioni, siccome nel nostro paese sono ancora presenti tantissimi titoli gestiti in questo modo (si parla di decine di miliardi di euro) è doveroso l’accenno alla poca trasparenza e al forte rischio insito in un investimento di questo tipo che spesso riporta valori aleatori e che è molto difficile dismettere prima della scadenza, assorbendo su se stessi il totale rischio di fallimento per tutto il periodo di tempo dell’investimento stesso.

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