Parte il governo Draghi: cosa ha fatto da presidente BCE per salvare l’Italia e l’Europa

Il nuovo governo Draghi si appresta ad ottenere una maggioranza quasi totale nei due rami del parlamento, ma vediamo in dettaglio perchè il presidente ha un seguito così importante nell’opinione pubblica italiana e globale.

Come tutti sanno la sua autorevolezza è stata acquisita nel periodo di presidenza della BCE, che ha contribuito in prima persona a trasformare in una vera e propria banca centrale che funge da prestatore di ultima istanza per tutta la zona euro.
Questo è stato possibile perchè il Presidente Draghi è riuscito in una difficilissima mediazione (che a inizio mandato sembrava quasi impossibile) tra paesi del nord e del sud Europa; senza il suo contributo l’Europa si sarebbe trovata in questa situazione:

  • i paesi del sud sarebbero andati in fallimento (o perchè non in grado di ripagare il debito pregresso o per un ritorno ad una valuta nazionale che avrebbe aumentato pesantemente l’inflazione, approfondisci) con conseguenze disastrose su risparmi e potere d’acquisto.
  • i paesi del nord avrebbero dovuto far fronte ad una forte rivalutazione monetaria che avrebbe impattato in modo negativo sulle loro esportazioni e quindi sull’intera economia (impatto che avrebbe indirettamente colpito anche l’Italia che è un indotto fondamentale per la Germania).
  • l’Europa non avrebbe più avuto la stessa importanza a livello globale ed il mercato sarebbe ancora di più in mano a Stati Uniti e Cina, con i paesi europei divisi troppo piccoli per poter competere.

Ma in dettaglio cosa ha fatto Draghi? Per capirlo è fondamentale sapere come funziona il debito pubblico degli stati.

Per gestire la spesa pubblica (pensioni, stipendi pubblici, infrastrutture, investimenti, ecc ecc) ogni paese ha 2 possibilità:

  • tassazione
  • indebitamento

Per far fronte alla spesa pubblica quindi gli stati utilizzano un mix dei due punti precedenti, cercando il miglior equilibrio possibile.

ESEMPIO
Ammettiamo che stia nascendo un nuovo stato (il cui debito iniziale è ovviamente 0) la cui spesa pubblica per il primo anno sia 100 e il governo decide di recuperare tutto tramite tassazione: per il primo anno quindi lo stato è in pareggio di bilancio e non è necessario ricorrere all’indebitamento (incasso da tassazione 100, spesa 100 –> 100-100=0 pareggio di bilancio senza debito).

Per il secondo anno la spesa pubblica dello stato passa a 120 ma il governo ritiene che aumentare la tassazione possa portare a recessione quindi limita la tassazione a 100 come per l’anno precedente. In questa situazione il bilancio dello stato è in deficit (tassazione 100, spesa 120 –> 100-120=-20 deficit) e per coprire il disavanzo lo stato deve ricorrere all’indebitamento di 20, recuperando denaro sul mercato pagando degli interessi (a breve vedremo come funziona).

Il terzo anno la spesa pubblica statale passa a 150 ma il governo mantiene sempre la tassazione a 100 quindi il deficit annuale è di 50 (150-100) da recuperare tramite indebitamento sul mercato.
In questa situazione se consideriamo l’indebitamento totale si arriva a 70 + interessi (50 dell’anno corrente + 20 dell’anno precedente + interessi).

Da qui si evince perchè il debito degli stati storicamente aumenta sempre e perchè considerare singolarmente il solo parametro del debito non è significativo se non lo si lega alla crescita del PIL, infatti l’aumento del debito non è un problema se ad esso si accompagna un adeguato aumento del PIL del paese perchè significa che il debito è utilizzato per investire, se invece al debito non corrisponde un’adeguata crescita del PIL significa che il paese sta spendendo male le sue risorse (quella che si chiama spesa improduttiva tipica dei paesi del sud Europa).

PARAMETRO DEBITO / PIL
Per quanto abbiamo detto quindi non si analizza mai il solo dato del debito di uno stato (che in genere sale sempre) ma si fa un’analisi del debito in rapporto al PIL (cioè alla crescita del paese).
Infatti se il PIL di un paese aumenta in linea con il debito, il paese in questione non avrebbe problemi a gestire l’aumento del debito (il maggiore debito sarebbe coperto dalla maggiore crescita), viceversa un maggiore debito per spesa improduttiva senza crescita non avrebbe copertura futura e il debito del paese in questione andrebbe in crisi sui mercati finanziari.
Matematicamente si tratta di una frazione calcolata in percentuale dove minore è la %, migliore è la situazione economica del paese. Non esiste un limite massimo al rapporto stesso ma generalmente si fa un paragone tra i vari paesi.

Facendo un esempio se nell’anno 1 il PIL di un paese è 100 e il debito è 80, il rapporto debito/PIL sarebbe 80/100=80%

Se nell’anno 2 il PIL passa a 110 e il debito a 88, il debito in valore assoluto è aumentato da 80 a 88 ma grazie all’aumento del PIL il rapporto debito/PIL sarebbe invariato 88/110=80%.
Quindi anche a fronte di un aumento del debito la situazione del paese è ottimale perchè tale debito ha contribuito alla crescita economica.

Se viceversa nell’anno 2 il PIL fosse passato a 105 e il debito a 88, la bassa crescita del PIL non sarebbe sufficiente a giustificare il debito contratto e il rapporto sarebbe 88/105=84% in peggioramento.

Ovviamente il mercato non analizza ogni singolo momento perchè in alcuni periodi (come per il covid) si evidenzia un elevato crollo del PIL con un forte aumento del debito per sorreggere l’economia e questo a livello matematico porta ad un forte peggioramento del rapporto debito/PIL momentaneo; tuttavia quello che importa ai finanziatori è l’andamento sul medio/lungo periodo perchè se in caso di ripresa economica tale rapporto non migliora, significa che la liquidità recuperata a debito non è servita per rilanciare il paese con investimenti ma per spese improduttive.

COS’E’ FINANZIARIAMENTE IL DEBITO PUBBLICO DEGLI STATI E CHI LO DETIENE
Ma cos’è finanziariamente il debito pubblico di uno stato e chi lo detiene? Cioè chi è che presta i soldi allo stato in cambio del pagamento degli interessi?
La risposta è molto semplice perchè chiunque può prestare denaro a qualsiasi stato del mondo in cambio di interessi tramite l’acquisto dei titoli di stato, quindi i titoli di stato sono il debito pubblico dello stato stesso.

Quando un paese ha necessità di denaro (per finanziare la spesa o per rifinanziare debito pregresso in scadenza) effettua delle aste sul mercato primario dei titoli di stato, questi titoli possono essere acquistati da ogni singolo cittadino (tramite la propria banca o sim), dai fondi di investimento, dai fondi pensione, dalle banche, ecc ecc (quindi i soldi prestati agli stati sono i risparmi delle persone).
In pratica gli investitori prestano denaro allo stato in cambio di interessi pagati dallo stato stesso a intervalli regolari, oltre alla restituzione del capitale iniziale a scadenza del prestito.
Esistono vari tipi di titoli di stato in base alla durata dell’investimento (mesi o anni) e alla tipologia di interessi pagati (fissi o variabili), ovviamente più è lunga la durata più i tassi sono elevati. I titoli di stato più comuni sono: BTP e BOT ma esistono molte più variabili (vedi tipologie).

Una volta emessi i titoli di stato (cioè una volta che lo stato ha incassato il capitale necessario tramite il mercato primario), essi vengono scambiati tra gli investitori sul mercato secondario (cioè in borsa, vedi titoli stato italiani quotati).
Quindi se un investitore ha acquistato un titolo di stato che scade tra 10 anni ma ha necessità di denaro può rivenderlo in borsa ad un altro investitore, questo mercato è trasparente allo stato il quale una volta emessi i titoli non restituirà più il denaro fino alla scadenza pattuita (durante la durata del finanziamento pagherà solo gli interessi), quindi un investitore per recuperare il denaro prima della scadenza lo deve rivendere in borsa ad un altro investitore.

Il problema principale si verifica quando il debito/PIL aumenta in modo smisurato e costante negli anni, in questa situazione il mercato potrebbe ritenere che lo stato non sia in grado di ripagare a scadenza il debito contratto a causa del forte debito e della bassa crescita.
Quindi chi ha acquistato un titolo di stato cerca di rivenderlo sul mercato per paura che lo stato stesso non sia in grado di ripagare l’investimento iniziale. In questa situazione ovviamente ci sono pochi compratori sul mercato e molti venditori ed è molto probabile che la vendita del titolo di stato avvenga ad un prezzo molto più basso rispetto all’investimento iniziale, facendo registrare una perdita per l’investitore. Inoltre quando in borsa diminuisce il prezzo dei titoli di stato, aumentano i tassi di interesse (perchè gli interessi sono decorrelati rispetto al prezzo) e questo influisce sui tassi che lo stato deve pagare durante le nuove emissioni sul mercato primario, creando un circolo vizioso che può portare al fallimento dello stato stesso che non riuscirebbe più a finanziarsi sui mercati (quello che stava succedendo nel 2011 all’Italia).

Da qui può sorgere la domanda: perchè i governi mondiali non stampano denaro in base alla necessità (ma solo in parte come vedremo successivamente) evitando così di ricorrere al debito? La risposta è in questo approfondimento (clicca)

COSA HA FATTO DRAGHI
Durante la crisi del 2011 dei debiti pubblici del sud Europa, gli investitori stavano vendendo in massa i titoli di stato in borsa (cioè sul mercato secondario) perchè ritenevano che il debito di tali paesi era troppo elevato rispetto al loro PIL e il rischio era quello di non ottenere la restituzione del denaro prestato per l’acquisto dei titoli (avendo paura di non ottenere più il loro capitale erano disposti anche a svendere i titoli a qualcun altro in perdita). Come abbiamo detto in precedenza il mercato secondario (la borsa) è trasparente allo stato ma durante le aste sul mercato primario per recuperare nuovi capitali, i tassi di interesse si allineano al mercato secondario e più le vendite sul secondario sono elevate, più i tassi che lo stato deve pagare sulle nuove emissioni aumentano portando al default.

In questa situazione una banca centrale può intervenire sul mercato per calmierare la crisi utilizzando il quantitative easing che funziona in questo modo:

  • la banca centrale crea denaro dal nulla (ormai il denaro sono bit su server) e utilizza questo denaro per comprare titoli di stato sul mercato secondario (cioè in borsa) abbassando i tassi di interesse da pagare da parte degli stati durante le aste del mercato primario, essendo i tassi del primario legati al secondario (evitando default).
  • di contro il qe (fondamentale nel breve periodo per evitare fallimenti) porta a: inflazione o bolle finanziarie (la creazione di moneta aumenta appunto la massa monetaria in circolazione aumentando i prezzi nell’economia reale o sui mercati finanziari) e finanzia indirettamente la spesa pubblica che quindi porta gli stati “cicala” ad incrementare la spesa improduttiva ampliando il problema in futuro (dove anche un qe potrebbe non essere più sufficiente come successo in Venezuela o Argentina perchè una creazione “infinita” di moneta farebbe perdere valore alla moneta stessa): vedi approfondimento sugli squilibri di lungo periodo del creare moneta (clicca)

Per le controindicazioni al punto 2 i paesi del nord Europa erano contrari ad implementare un qe, posizione in parte condivisibile (perchè ricordiamo che i problemi europei sono stati creati da paesi con finanze in crisi come il nostro) ma tuttavia un’implosione dei paesi del sud Europa avrebbe creato sicuramente problemi molto maggiori rispetto alle controindicazioni del qe, anche al nord Europa.

A Draghi si devono riconoscere l’empatia e l’autorevolezza che hanno permesso di mediare tra posizioni molto distanti e riuscire ad implementare un QE insperato (cioè l’acquisto dei titoli da parte della BCE), anticipando la sua esecuzione con la celebre frase pronunciata a luglio del 2012 “whatever it takes” che salvò i risparmi di milioni di persone che sarebbero stati distrutti da litigi politici per due posizioni (entrambe legittime) ma in quel momento controproducenti per tutti.

GRAFICO SPREAD BTP BUND (clicca per allargare)
Lo spread BTP BUND rappresenta la differenza di interessi che paga l’Italia rispetto alla Germania per debiti con scadenza a 10 anni (100 punti rappresentano l’aumento di un punto percentuale di interessi: es uno spread di 500 punti indica che l’Italia spende il 5% annuo in più di interessi rispetto alla Germania sul debito a 10 anni).

 


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