Cosa stà succedendo sui mercati europei

Sostenere che tutto il nostro continente sia in crisi non è corretto vista la differenza abbastanza netta tra mercati europei dei paesi del sud europa e del nord, inoltre (tralasciando l’inghilterra e la sterlina) molti paesi facenti parte la moneta unica stanno crescendo in linea con molte altre potenze mondiali (germania, olanda, finlandia, irlanda, austria, ecc) quindi se la teoria del problema euro avesse un riscontro non si riesce a capire come questi paesi possano crescere.
La realtà che molti non vogliono vedere (perché addossare le colpe all’euro è molto più semplice, anche se l’euro nei mercati è stato introdotto nel 99 e fino al 2008 ha consentito una discreta crescita a tutto il continente abbassando i debiti rispetto al pil e anche i relativi tassi di interesse da pagare) è che nei paesi del sud europa gli squilibri arrivano da molto lontano, soprattutto da periodi che erroneamente molti considerano floridi e che vorrebbero ripristinare ma che in realtà sono stati la base di tutti i problemi attuali dei paesi del sud europa.

PIRAMIDE DEMOGRAFICA
Il problema principe è la piramide demografica, prendendo ad esempio l’italia degli anni 70 e 80 la popolazione in età produttiva era nettamente superiore rispetto a quella improduttiva pensionata, in media per ogni pensionato che lo stato doveva sostentare erano in attività più lavoratori.
In questa situazione rosea lo stato, invece di creare politiche coerenti con l’invecchiamento futuro della popolazione per ottenere un welfare sostenibile anche per le generazioni future ha preferito (per avere voti) regalare diritti insostenibili.
Sono state concesse pensioni a persone giovanissime (pensioni che si continuano a pagare) nonché è stato concepito un sistema pensionistico retributivo (in base agli ultimi stipendi percepiti) e non contributivo (in base ai contributi versati nella vita lavorativa) dove la maggioranza degli attuali pensionati percepisce una pensione nettamente superiore rispetto ai contributi versati (cioè riceve costantemente soldi che non ha mai versato in precedenza).
Inoltre in questo quadro, per ovviare anche alla disoccupazione in modo fittizio, sono stati accostati alle professioni statali indispensabili anche moltissimi lavori statali improduttivi pagandoli tramite l’inflazionamento della moneta e la creazione di debito pubblico (vedi articolo).
Tutto questo castello di carte reggeva finchè la popolazione era relativamente giovane e il debito basso in modo che i molti lavoratori potessero pagare i superdiritti dei pochi pensionati e dove l’aumento del debito pubblico potesse pagare la creazione di posti di lavoro pubblici.
Purtroppo chi ci ha governato in quel periodo non ha fatto i conti con l’invecchiamento della popolazione, ne ha fatto politiche di incentivazione alle nascite così i diritti sono rimasti ma la popolazione è invecchiata giungendo alla situazione attuale dove i pensionati saranno maggiori rispetto ai lavoratori in un tempo relativamente breve (in pratica ci sono moltissime persone con diritti acquisiti ma poche persone da cui attingere per far fede a questi diritti e la tassazione aumenta vertiginosamente)

demografia

 

Nonostante le continue riforme delle pensioni per aumentare l’età pensionabile e per cerca di tamponare gli errori passati con forti sacrifici per chi ha subito i cambiamenti, tutti le regole per le pensioni precedenti sono sempre in essere come diritti acquisiti.
Inoltre il nostro sistema pensionistico è basato sulla ridistribuzione dove i lavoratori vengono tassati per pagare i pensionati ed è un sistema molto differente da quello statunitense ed anglosassone dove la pensione di ogni individuo avviene per accumulazione durante la vita lavorativa (in pratica in questi paesi ogni lavoratore accantona durante la vita lavorativa una quota in un fondo a cui attingerà quando andrà in pensione quindi ogni lavoratore in età avanzata utilizza il proprio risparmio precedente mentre in italia il sistema è completamente diverso, non si basa sull’accantonamento ma sulla tassazione dove chi lavora è tassato per pagare il pensionato e i contributi vengono utilizzati solo come mero parametro di calcolo per stabilire la pensione futura).
Questo sistema evidenzia tutti i suoi limiti quando la piramide demografica peggiora e quando pochi lavoratori devono mantenere molti pensionati come stà accadendo in italia.
Negli anni passati si è cercato di tamponare la situazione facendo ulteriore debito ma attualmente anch’esso è arrivato a superare il 130% del pil creando squilibri fortissimi (vedi articolo).

SPESA SANITARIA E INATTIVITA’ LAVORATIVA
Tutto questo si somma anche ad un forte aumento della spesa sanitaria per l’invecchiamento della popolazione e ad un tasso di inattività femminile tra i più alti del mondo (in italia oltre il 50% popolazione femminile potenzialmente in età lavorativa rimane inattiva per scelta, questo è il dato peggiore dei paesi sviluppati legato anche ad uno dei tassi più bassi di natalità e qui sorge un quesito, è veramente strano che paesi con un tasso femminile lavorativo molto superiore al nostro riescano a conciliare maggiormente politiche familiari e sulla natalità).
Inoltre ad aggravare ulteriormente la situazione bisogna ricordare che ogni persona inattiva è un costo per la società sia a livello sia sanitario sia di pensione reversibile futura e che questo aumenta ulteriormente le spese dello stato che deve attingere dalla popolazione attiva.
In definitiva tutti questi diritti acquisiti di una parte della popolazione vengono continuamente pagati con la tassazione della parte produttiva del paese arrivando ad una tassazione oltre il 50% (una delle più elevate del mondo).

IL DEBITO E LA TASSAZIONE COME CONSEGUENZA
Queste tasse colpiscono il lavoro, le imprese, i consumi e la proprietà privata in una spirale di continua crescita. In questa situazione le imprese non riescono ad assumere ed in certi casi nemmeno a sopravvivere e quindi o falliscono o si trasferiscono all’estero dove la tassazione è drasticamente più bassa in sistemi dove i diritti non sono sbilanciati verso certe classi sociali ma più omogenei.
Questa situazione è analoga a tutti i paesi del sud europa (con varie sfumature che non modificano la sostanza) e questo ha reso i debiti pubblici agli occhi del mercato non sostenibili e questo ha causato la crisi sia del debito pubblico che poi si è propagata su tutto il mercato e soprattutto alle banche che lo detengono e che sono i maggiori finanziatori dello stato tramite i risparmi dei correntisti.
L’europa del sud ha la sola via obbligata di riequilibrare un welfare assurdo varato nei decenni precedenti e non più sostenibile dalle nuove generazioni.
L’euro in tutto questo non ha nessuna colpa, anzi come moneta forte (facendo parte di esso anche paesi del nord) ha permesso di avere tassi di interesse molto bassi anche con debiti pubblici elevati e di avere un elevato potere d’acquisto anche con stipendi bassi per colpa della tassazione.
La bce è stata fondamentale nel mantenere la situazione sotto controllo anche se effettivamente la decisione di non rendere la banca centrale europea un prestatore di ultima istanza (vedi articolo) è stato un errore.
In ogni caso pensare di stampare moneta e fare ulteriore debito per continuare con queste politiche sarebbe deleterio e pretendere di unificare il debito pubblico europeo (cioè unire l’elevato debito del sud con il debito gestito in modo diligente dai paesi del nord anche con riforme pesanti fatte verso i loro cittadini) non sarebbe corretto perché i paesi del sud continuerebbero con le loro politiche e alla fine trascinerebbero anche l’altra parte del continente in questa crisi.

L’italia e l’europa sono davanti ad un bivio, o riformare completamente il sistema togliendo rendite di posizione che avvantaggiano solo certe classi sociali a discapito di tutti o continuare con le attuali politiche che porteranno alla desertificazione industriale con continuo calo del pil, deflazione o al default sul debito pubblico con conseguenti crolli sui mercati e ne la lira, ne il baratto possono salvare un paese che tassa oltre il 50% la parte produttiva per ridistribuire ad altri.


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