Come funzionano gli stati: cos’è il debito pubblico e chi detiene quello italiano

Prima di vedere i dati aggiornati di Bankitalia su chi detiene il debito pubblico italiano, analizziamo cos’è il debito pubblico e come funzionano gli stati.
Quando si parla di politica economica, il concetto di debito pubblico esce sempre alla ribalta, soprattutto per un paese come l’italia che nel corso dei decenni ha accumulato un rapporto debito/PIL molto elevato, uno dei più elevati del pianeta. Purtroppo però per molte persone il concetto di debito pubblico non è molto chiaro e per questo non riescono a comprendere la fondamentale importanza di questo parametro.

In realtà è un concetto molto semplice, semplificando lo possiamo paragonare al mutuo di una famiglia che non ha il denaro necessario per acquistare un’abitazione, quindi si rivolge ad un istituto bancario per ottenere la liquidità necessaria per l’acquisto di una casa in cambio della restituzione dell’importo nel tempo con gli interessi.
Ovviamente l’istituto bancario richiede delle garanzie per concedere il mutuo, verificando la situazione familiare, lavorativa e patrimoniale del richiedente, onde evitare di concedere denaro a fondo perduto senza ottenere la restituzione.

Per uno stato il concetto è analogo, per gestire la spesa pubblica (pensioni, stipendi pubblici, infrastrutture, ecc ecc) ogni paese ha 3 possibilità:

  • 1 tassazione
  • 2 indebitamento
  • 3 creare nuova moneta da utilizzare per la spesa corrente usando la banca centrale con tutti i relativi squilibri nel lungo periodo (vedi approfondimento)
  • l’alternativa è un sistema comunista dove lo stato centrale gestisce ogni attività in modo centralizzato

Ovviamente un paese può limitare tassazione, indebitamento e creazione di moneta tagliando la spesa pubblica corrente che però ovviamente non potrà mai essere annullata (in italia sicuramente potrebbe essere gestita in modo molto più oculato utilizzando i risparmi per detassare le imprese e diminuire l’indebitamento).
Per far fronte alla spesa pubblica quindi gli stati utilizzano in primis la tassazione, ma quando questa diventa troppo elevata creando recessione e lo stato non vuole tagliare la spesa pubblica (per necessità o per consenso elettorale) ci si affida all’indebitamento (che però comporta il pagamento anche degli interessi essendo un prestito). La creazione di moneta (quantitative easing) invece è una procedura non convenzionale che può essere utilizzata solo in periodi limitati di tempo a causa degli squilibri che crea nel lungo periodo (forte aumento di debito e/o inflazione, vedi approfondimento).

ESEMPIO
Ammettiamo che stia nascendo un nuovo stato (il cui debito iniziale è ovviamente 0) la cui spesa pubblica per il primo anno sia 100 e il governo decide di recuperare tutto tramite tassazione: per il primo anno quindi lo stato è in pareggio di bilancio e non è necessario ricorrere all’indebitamento (incasso da tassazione 100, spesa 100 –> 100-100=0 pareggio di bilancio senza debito).

Per il secondo anno la spesa pubblica dello stato passa a 120 ma il governo ritiene che aumentare la tassazione possa portare a recessione o alla perdita di consenso elettorale quindi limita la tassazione a 100 come per l’anno precedente. In questa situazione il bilancio dello stato è in deficit (tassazione 100, spesa 120 –> 100-120=-20 deficit) e per coprire il disavanzo lo stato deve ricorrere all’indebitamento di 20, recuperando denaro sul mercato pagando degli interessi (a breve vedremo come funziona).

Il terzo anno la spesa pubblica statale passa a 150 ma il governo mantiene sempre la tassazione a 100 quindi il deficit annuale è di 50 (150-100) da recuperare tramite indebitamento sul mercato.
In questa situazione se consideriamo l’indebitamento totale si arriva a 70 (50 dell’anno corrente + 20 dell’anno precedente).

Da qui si evince perchè il debito degli stati storicamente aumenta sempre e perchè considerare singolarmente il solo parametro del debito non è significativo se non lo si lega alla crescita del PIL, infatti l’aumento del debito non è un problema se ad esso si accompagna un adeguato aumento del PIL del paese perchè significa che il debito è utilizzato per investire, se invece al debito non corrisponde un’adeguata crescita del PIL significa che il paese sta spendendo male le sue risorse (quella che si chiama spesa improduttiva che rende difficile trovare i capitali sul mercato per il debito stesso).

Tornando all’esempio del mutuo: se lo richiediamo per acquistare un’abitazione ed abbiamo una professione stabile la banca lo eroga senza particolari problemi, avendo la ragionevole certezza di poter riavere il capitale iniziale con gli interessi ed avendo anche l’abitazione stessa a garanzia. Viceversa se si richiede un mutuo senza garanzie per giocare al casinò e tentare la sorte perchè non si vuole lavorare, è quasi impossibile che una banca ottemperi alla nostra richiesta perchè sarebbe quasi impossibile restituire il denaro.
La stessa considerazione può essere fatta per gli stati, un paese che si indebita per spesa corrente improduttiva senza creare crescita (cioè per regali elettorali in cambio di voti), è difficile che riesca a finanziarsi sul mercato perchè non troverebbe investitori disposti a rischiare il loro denaro per paura di non vederlo restituito, oppure potrebbe trovarli solo a fronte di un alto tasso di interesse da pagare (a maggiore rischio un investitore richiede maggiore rendimento).

PARAMETRO DEBITO / PIL
Per quanto abbiamo detto quindi non si analizza mai il solo dato del debito di uno stato (che in genere sale sempre) ma si fa un’analisi del debito in rapporto al PIL (cioè alla crescita del paese).
Infatti se il PIL di un paese aumenta in linea con il debito, il paese in questione non avrebbe problemi a gestire l’aumento del debito (il maggiore debito sarebbe coperto dalla maggiore crescita), viceversa un maggiore debito per spesa improduttiva senza crescita non avrebbe copertura futura e il debito del paese in questione andrebbe in crisi sui mercati finanziari.

Matematicamente si tratta di una frazione calcolata in percentuale dove minore è la %, migliore è la situazione economica del paese. Non esiste un limite massimo al rapporto stesso ma generalmente si fa un paragone tra i vari paesi e possiamo indicare come 100% il valore massimo indicativo da non superare, onde evitare rischi sui mercati (l’italia è oltre il 130% e anche gli stati uniti hanno superato il 100%).

Facendo un esempio se nell’anno 1 il PIL di un paese è 100 e il debito è 80, il rapporto debito/PIL sarebbe 80/100=80%

Se nell’anno 2 il PIL passa a 110 e il debito a 88, il debito in valore assoluto è aumentato da 80 a 88 ma grazie all’aumento del PIL il rapporto debito/PIL sarebbe invariato 88/110=80%.
Quindi anche a fronte di un aumento del debito la situazione del paese è ottimale perchè tale debito ha contribuito alla crescita economica.

Se viceversa nell’anno 2 il PIL fosse passato a 105 e il debito a 88, la bassa crescita del PIL non sarebbe sufficiente a giustificare il debito contratto e il rapporto sarebbe 88/105=84% in peggioramento.

COS’E’ FINANZIARIAMENTE IL DEBITO PUBBLICO DEGLI STATI E CHI LO DETIENE
Ma veniamo al punto dolente per l’opinione pubblica, cos’è finanziariamente il debito pubblico di uno stato e chi lo detiene? Cioè chi è che presta i soldi allo stato in cambio del pagamento degli interessi?
La risposta è molto semplice perchè chiunque può prestare denaro a qualsiasi stato del mondo in cambio di interessi tramite l’acquisto dei titoli di stato, quindi i titoli di stato sono il debito pubblico dello stato stesso.

Quando uno stato ha necessità di denaro (per finanziare la spesa o per rifinanziare debito pregresso in scadenza, vedremo a breve cosa significa) effettua delle aste sul mercato primario dei titoli di stato, questi titoli possono essere acquistati da ogni singolo cittadino (tramite la propria banca o sim, clicca per vedere le migliori con i costi più bassi), dai fondi di investimento, dai fondi pensione, dalle banche, ecc ecc (quindi i soldi prestati agli stati sono i risparmi delle persone).
In pratica l’investitore presta denaro allo stato in cambio di interessi pagati dallo stato stesso a intervalli regolari, oltre alla restituzione del capitale iniziale a scadenza del prestito.
Esistono vari tipi di titoli di stato in base alla durata dell’investimento (mesi o anni) e alla tipologia di interessi pagati (fissi o variabili), ovviamente più è lunga la durata più i tassi sono elevati. I titoli di stato più comuni sono: BTP e BOT ma esistono molte più variabili (vedi tipologie).

Una volta emessi i titoli di stato (cioè una volta che lo stato ha incassato il capitale necessario tramite il mercato primario), essi vengono scambiati tra gli investitori sul mercato secondario (cioè in borsa, vedi titoli stato italiani quotati).
Quindi se un investitore ha acquistato un titolo di stato che scade tra 10 anni ma ha necessità di denaro può rivenderlo in borsa ad un altro investitore, questo mercato è trasparente allo stato il quale una volta emessi i titoli non restituirà più il denaro fino alla scadenza pattuita (durante la durata del finanziamento pagherà solo gli interessi), quindi un investitore per recuperare il denaro prima della scadenza lo deve rivendere in borsa ad un altro investitore.

Vedi come funziona il mercato dei titoli di stato (clicca per approfondire)

Il problema principale si verifica quando il debito/PIL aumenta in modo smisurato, in questa situazione il mercato potrebbe ritenere che lo stato non sia in grado di ripagare a scadenza il debito contratto a causa del forte debito e della bassa crescita.
Quindi chi ha acquistato un titolo di stato cerca di rivenderlo sul mercato per paura che lo stato stesso non sia in grado di ripagare l’investimento iniziale. In questa situazione ovviamente ci sono pochi compratori sul mercato e molti venditori ed è molto probabile che la vendita del titolo di stato avvenga ad un prezzo molto più basso rispetto all’investimento iniziale, facendo registrare una perdita per l’investitore. Inoltre quando in borsa diminuisce il prezzo dei titoli di stato, aumentano i tassi di interesse (perchè gli interessi sono decorrelati rispetto al prezzo) e questo influisce sui tassi di interesse che lo stato deve pagare durante le nuove emissioni sul mercato primario, creando un circolo vizioso che può portare al fallimento dello stato stesso che non riuscirebbe più a finanziarsi sui mercati.

Ovviamente questi sono casi limite come stava succedendo in europa alcuni anni fa (vedi approfondimento), generalmente chi acquista un titolo di stato e lo mantiene fino a scadenza ottiene la restituzione del capitale iniziale + gli interessi.
Detto questo è però fondamentale ricordare che se uno stato non ha i conti in ordine un fallimento è possibile, in questo caso l’investitore potrebbe perdere tutto o parte del capitale prestato allo stato stesso.

RIFINANZIAMENTO DEL DEBITO
In realtà molto spesso uno stato contrae nuovo debito per ripagare il debito pregresso e gli interessi, in questo caso l’esempio italiano è chiarificatore visto che il nostro paese sta pagando oggi politiche assurde perpetrate negli anni 80, dove il debito è stato contratto per effettuare spesa improduttiva per consenso elettorale (vedi approfondimento).
Dalla seconda repubblica l’italia è quasi sempre in avanzo primario (cioè riesce a pagare la spesa pubblica corrente utilizzando la tassazione), il nuovo debito è contratto per ripagare i vecchi titoli in scadenza + gli interessi

TASSI DI INTERESSE PAGATI DALL’ITALIA SUL DEBITO NEL TEMPO (clicca sul grafico per allargare)

vedi sito ministero del tesoro (clicca)


QUALI INVESTITORI DETENGONO IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO dati Bankitalia 2018 (clicca sull’immagine per ingrandire)

vedi relazione bankitalia 2018, pagina 188 (clicca):

  • debito pubblico italiano al 2018 totale circa 2300 miliardi di euro (vedi)
  • PIL al 2018 valore assoluto circa 1750 miliardi (vedi)
  • rapporto debito/PIL=2300/1750= oltre 130%
  • BANCA D’ITALIA: titoli posseduti nell’ambito delle politiche espansive della BCE (vedi cosa sono) circa 20% del totale (oltre 400 miliardi)
  • BANCHE, ASSICURAZIONI E FONDI: oltre 40% del totale (oltre 900 miliardi), da ricordare che il denaro investito in debito pubblico delle banche, assicurazioni e intermediari è il risparmio diretto o indiretto dei correntisti e investitori, cioè il risparmio dei cittadini e delle società italiane, quando si parla di ristrutturazione del debito pubblico significa non restituire gli investimenti dei cittadini lasciando il denaro allo stato
  • INVESTITORI PRIVATI ITALIANI: oltre 6% del totale (circa 150 miliardi)
  • INVESTITORI ESTERI: circa 22% (oltre 500 miliardi)
  • il dato più evidente è il calo negli anni di investitori esteri (da circa il 50% al 22%) e l’aiuto del finanziamento pubblico da parte della banca centrale (BCE+BANKITALIA) tramite il programma SMP + QE i quali detengono circa il 25% del debito pubblico italiano (vedi come funzionano i mercati)

Come funziona il mercato del debito pubblico e quali sono i migliori BTP da acquistare (clicca)

BILANCIO DELLO STATO AGGIORNATO, IMPATTO DEL DEBITO PUBBLICO E DELLE PENSIONI (CLICCA)

PERCHE’ L’USCITA DALL’EURO O IL TAGLIO DEL DEBITO PUBBLICO EQUIVALGONO A UNA FORTE TASSA PATRIMONIALE SUI RISPARMI E STIPENDI (CLICCA)

Come difendere risparmi e investimenti in caso di uscita dall’euro (approfondisci)


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