CRISI: colpa del mercato, della politica o delle banche centrali?

Da quasi una decina d’anni ci sentiamo ripetere che le banche centrali di tutto il mondo hanno salvato il sistema economico e che il mercato ha fallito, lo sentiamo talmente tanto che ormai lo diamo come dato di fatto certo senza aver mai approfondito l’argomento.

Cerchiamo però di fare un passo indietro ed analizzare la situazione:

all’inizio del nuovo millenio sono successi due avvenimenti che hanno pesantemente modificato il sistema economico globale, scelte di livello politico che successivamente hanno inciso a livello economico.

Tralasciando la questione euro che è possibile approfondire in questa sezione (clicca) e che riguarda solo una parte del mondo, ecco i due avvenimenti di cui è difficile trovare dei riferimenti:

L’ingresso della CINA nel WTO (World Trade Organization)

L’Organizzazione mondiale del commercio, è un’organizzazione internazionale creata allo scopo di supervisionare gli accordi commerciali tra gli stati membri. Vi aderiscono 161 paesi al mondo, a cui se ne aggiungono altri 25 con ruolo di osservatori, i quali rappresentano circa il 97% del commercio mondiale di beni e servizi.

Fino al 2001 la Cina non faceva parte dell’organizzazione mondiale del commercio, questo rendeva le sue esportazioni più complesse e fungeva indirettamente da “protezione” per i beni prodotti negli stati occidentali. L’ingresso della Cina nel WTO ha rappresentato l’immissione di beni prodotti da un’economia in forte espansione e formata da oltre un miliardo di persone nel sistema globale, prodotti generalmente a basso costo per creare una forte concorrenza di prezzo legati a una produzione caratterizzata da forti volumi. Il numero di beni che può produrre un’economia di un miliardo di persone non è paragonabile a quello che può produrre un’economia di milioni di persone come le singole economie europee, ed è per questo che l’europa ha tentato di arginare economicamente questa concorrenza cinese cercando di creare (con molte difficoltà) un mercato unico europeo che pur essendo formato da un minor numero di persone, se analizzato globalmente è comunque il primo blocco economico globale insieme agli stati uniti ed è l’unica possibilità di concorrere con economie come quella cinese.

Inizialmente si pensò che l’ingresso della Cina nel WTO avrebbe portato benefici per tutti, la Cina avrebbe potuto esportare in tutto il mondo mentre le aziende degli altri paesi sarebbero potute entrare in un’economia di un miliardo di persone, allargando enormemente la fetta di mercato. In realtà inizialmente la Cina era solo in grado di produrre ed esportare ma non di essere una fetta di mercato da aggredire, visto che la quasi totalità della popolazione era in stato di povertà. Questo ha portato inizialmente ad un vantaggio unilaterale, la Cina iniziò ad esportare beni in tutto il mondo a prezzi molto bassi e le aziende occidentali di conseguenza iniziarono a perdere fette di mercato e per contrastare questa situazione “esportarono” manodopera a basso costo (spesso nella Cina stessa), per contenere i prezzi e mantenere fette di mercato.

Questo processo al ribasso ha portato deflazione in tutto l’occidente con crisi economica e disoccupazione annessa (non solo questo, è fondamentale anche l’invecchiamento della popolazione occidentale e il raggiungimento di un livello di benessere che rende difficile proseguire una crescita economica come quella del passato). Chi si è salvato da questa situazione sono i grandi marchi (ad oggi la Cina non riesce ad essere concorrenziale con prodotti di alta qualità ma solo sui prezzi) ed il settore della salute che segue il trend di invecchiamento della popolazione.

Ad oggi però è in corso un assestamento, sempre più strati di popolazione cinese sono riusciti ad arricchirsi da questa situazione ed hanno denaro da spendere, iniziando ad aprire spazi di mercato che le nostre aziende devono saper cogliere immediatamente in un’economia da un miliardo di potenziali clienti. Anche il costo della manodopera cinese inizia ad aumentare (seguendo l’andamento economico) rendendo sempre meno interessante l’esportazione della produzione delle aziende.

La FED ha tenuto i tassi artificiosamente bassi creando la bolla immobiliare

Il secondo avvenimento è molto più tecnico ma anch’esso sconosciuto ai più.

All’inizio degli anni 90 l’economista Taylor elaborò una regola che stabiliva in ogni istante quale sarebbe il tasso di interesse che se fosse seguito da ogni banca centrale, creerebbe stabilità sistemica sia nel presente che nel futuro, limitando recessioni e bolle finanziarie.

La veridicità di questa formula è stata verificata negli anni a venire e per chi volesse approfondire la REGOLA DI TAYLOR può cliccare su questo link.

In realtà dall’inizio del millenio la FED ha stabilito i tassi di interesse in modo completamente slegato da questa regola, tenendoli molto più bassi, sostenendo di accelerare la crescita economica grazie ai tassi di interesse più bassi sull’indebitamento.

taylor fed

Questa scelta “politica” (la fed è un organo teoricamente indipendente ma la scelta è sempre fatta a tavolino tra banchieri centrali interpellando non ufficialmente anche il governo) ha inizialmente incentivato una crescita economica a debito con bassi tassi di interesse in un momento di forte espansione, dove i tassi però sarebbero dovuti essere più elevati per evitare l’euforia e la nascita di una bolla finanziaria, puntualmente arrivata qualche anno dopo con la bolla immobiliare dove la popolazione si indebitava per i bassi tassi, ritenendo di poter ripagare i mutui stessi non con il denaro ottenuto dal lavoro ma con l’aumento costante dei prezzi delle abitazioni, è bastata una diminuzione dei prezzi delle case per far saltare il castello di carte, che ormai era presente anche a livello sistemico grazie all’impacchettamento di questi mutui negli investimenti tramite gli ABS.

Si potrebbe obiettare che i subprime erano mutui erogati a tassi elevati (quindi non bassi) ad una clientela ritenuta a rischio ma in realtà fa sempre parte della scelta iniziale della fed, i mutui standard seguivano i tassi stabiliti dalla banca centrale e i subprime erano la conseguenza. Se la fed avesse tenuto i tassi più elevati come esigeva la regola di taylor, i mutui standard avrebbero seguito l’andamento e probabilmente i subprime non sarebbero mai esistiti perchè avrebbero raggiunto tassi talmente elevati che sarebbero stati fuori mercato (come sarebbero dovuti essere).

Successivamente a questo disastro la FED fu utilizzata per salvare pubblicamente il sistema tramite il quantitative easing (lo stato americano si indebitava per ricapitalizzare il sistema pubblicamente e il debito veniva finanziato dalla fed stampando nuova moneta) diventando il simbolo della supremazia politica contro il mercato, se non fosse che per effettuare questo ragionamento si tralascia tutto quello che ha creato la crisi e cioè la stessa fed con la sua politica precedente (il mercato poi ovviamente si è adeguato e ha fatto il resto).

Sotto quest’aurea troppo positiva che si è creata attorno alle banche centrali salvatrici del sistema, si sta celando un’ulteriore bolla da esse creata dove inizialmente i vari quantitative easing erano fondamentali per risolvere i problemi creati in precedenza (soprattutto in europa il qe della BCE ha salvato interi stati come l’italia grazie al suo intervento, vedi articolo) ma che alla lunga si stanno rivelando come strumenti di creazione di una nuova bolla finanziaria (vedi articolo).

In conclusione la situazione attuale non è solo ed esclusivamente colpa del mercato che spesso è andato in crisi solo dopo alcune scelte politiche discutibili, cioè possiamo vederlo come termometro che segnala i risultati delle scelte fatte politicamente. Sicuramente le banche centrali in condizioni estreme sono fondamentali per la stabilità del sistema ma di contro possono anche essere loro stesse causa di squilibri sistemici, come le scelte politiche internazionali viste in precedenza


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